Ho visto ieri sera l’intervista alle donne della terra dei fuochi in Campania.
Sono donne prostrate da un dolore senza ritorno, la perdita dei figli e del marito, la consapevolezza di essere vittime di un’ingiustizia e di una violenza sui loro corpi e sul corpo della terra che abitano che si è trasformata in una minaccia velenosa, per colpa di gente che su questo ha fatto i soldi e con il colpevole contributo di chi non ha parlato.
Sto cercando di capire e di collegare ad altri soprusi simili a questo che ho visto per il mondo.
Gli indios Huicholes del Messico che difendono la terra sacra per loro da millenni, una specie di santuario vivente dove vanno ogni anno in pellegrinaggio, e che ora è diventata la miniera d’argento di una multinazionale Canadese.
Gli indios di Arequipa del Perù che lottano contro una miniera di stagno che intossica la loro terra e i loro bambini.
Gli indios Guaranì del Brasile che difendono la loro foresta dalla quale traevano il loro sostentamento lasciandola vivere che gli è stata sottratta e trasformata in coltivazione intensiva di alberi per la carta.
Quante altri nativi dovrei citare in giro per il mondo in queste condizioni?
Tutto questo perché il tipo di sviluppo che ci impongono vada avanti esattamente così com’è sempre stato in questi decenni di industrializzazione e consumismo?
Nulla può cambiare?
Il problema non è che i rifiuti tossici siano stati seppelliti da noi in una delle terre più belle del pianeta, invece che in Africa, il problema è che li produciamo.
Syusy
#iovotogreen